Un campionato nato male, con l’infortunio al ginocchio sinistro e due mesi di
assenza, poi il rientro e il contributo fondamentale per i record del Benevento.
Adesso questo nuovo, lungo e indefinito stop. Non è una stagione normale quella di Pasquale Schiattarella. Che, come tutti, attende per sapere cosa succederà.
Com’era andata?
«Non avevo fatto la preparazione alla Spal e al Benevento non potevo dire no. Mi sono fatto male dopo la prima partita, quando sono rientrato abbiamo fatto un campionato fantastico. E adesso vedere tutto in discussione è triste, nessuno può levare la A a chi ha 23 punti di vantaggio».
Prima ipotesi: si riparte.
«E’ quella che mi auguro. Leggo che dal 4 tutti possono uscire a correre. Ma come fa un calciatore di A ad andare a correre per strada? Non è meglio riaprire i centri sportivi? Io mi sento più sicuro se lavoro nel mio centro sportivo».
Seconda ipotesi: non si riparte e vengono tenute valide queste classifiche.
«Promozioni e retrocessione vanno stabilite, per tanti motivi: le società che hanno investito tanto, le scelte professionali dei calciatori, i risultati ottenuti... Cose che pesano».
Terza ipotesi: non si riparte e si annullano i campionati.
«Impensabile. Il mio compagno Kragl dice che in quel caso smette. Ha ragione. Mio fratello fa l’operaio, guadagna 1.000 euro e continua a lavorare. Nel calcio c’è contatto, ma possiamo essere più controllati. Ripartire è un traino per tutti».
Sarebbe la terza promozione in A dopo Livorno e Spal.
«A febbraio eravamo sicuri di farcela, scendevamo in campo e ci sentivamo invincibili.
Quando mi ricapiterà? La Spal era una neopromossa ed è stata una favola, a Livorno ci ha dato la spinta Nicola dopo quello successo l’anno prima».
Già, Morosini: lei fu il primo, quel giorno di 6 anni fa a Pescara, a soccorrerlo in campo.
«Una scena che ho negli occhi tutti i giorni, quando gioco e mi sento stanco faccio uno scatto in più per lui. Avrei voluto smettere, stavo male, ma la mia famiglia mi ha dato la forza per continuare. Una forza che mi ha mandato in A».
Alla Spal invece segnò il gol che mai avrebbe voluto fare...
«Quello al Napoli, il mio unico in A, alla squadra del mio cuore. Se gioco al sabato, alla domenica parto con mia moglie e andiamo a vederlo in trasferta, oppure ci troviamo a casa con suoceri e genitori. Una fede».
C’è una promozione mancata nella sua carriera?
«Quella con lo Spezia. Ero sceso a gennaio dalla A col Livorno solo perché volevo vincere, c’era Mangia, avevamo uno squadrone, ma andò male».
Ormai lei in B è un veterano. C’è un momento particolare?
«Quando risento la telecronaca di Ternana-Spal mi vengono i brividi: ero appena uscito, in panchina la dottoressa mi ha fatto vedere sul telefono che il Benevento aveva segnato, un gol che ci mandava in A. Sono impazzito di gioia».
E quel gol con l’Ancona da centrocampo a Torino?
«Il più bello, e non ne faccio tanti.... Era il primo anno in B. Avevo fatto il settore giovanile del Torino, ero appena entrato e ho fatto quella parabola straordinaria a Sereni: un gol che mi ha dato fiducia per il resto
della carriera».
Da esterno a centrocampista centrale. Come è stata la sua evoluzione tattica?
«Ho fatto tutti i ruoli, tranne difensore centrale e prima punta. Alla Spal facevo la mezzala, Semplici dopo una sconfitta col Milan mi ha messo davanti alla difesa: mi divertivo, mi ha dato grande energia. Ringrazierò sempre Semplici, mi ha allungato la carriera».
Inzaghi per lei ha cambiato modulo malgrado il Benevento andasse già forte.
«Nel 4-4-2 al centro c’eravamo io e Viola. Quando mi sono fatto male hanno preso Hetemaj e quando sono rientrato Inzaghi è stato coraggioso passando al centrocampo a 3, la scelta che ci ha dato la spinta decisiva».
A proposito di evoluzione: tra un mese compie 33 anni. Già pensa al dopo?
«Prima di questa pandemia volevo giocare ancora due anni, tornare in A e dire basta. Adesso mi mancano lo spogliatoio, la partita, la rabbia.
Quindi allungherò. Però poi mi piacerebbe fare l’allenatore, sto studiando qualche tesina».
É vero che è appassionato di vino e studia da sommelier?
«Non esageriamo... Floccari mi ha fatto scoprire vini pregiati e mi sono appassionato, ma non sarà un lavoro».
A quale vino lo paragona il suo Benevento?
«Un Sassicaia, il migliore».